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La trazione del piede al contatto al suolo: un approfondimento

Aggiornamento: 4 apr 2020


Questo articolo ha lo scopo di chiarire meglio il funzionamento del meccanismo di trazione per l’avanzamento nella corsa.

Dal punto di vista funzionale si tratta probabilmente della fase del ciclo della corsa più difficile da valutare e correggere, perché viene eseguita in un lasso di tempo davvero breve, ma anche perché l’atleta deve essere in grado di produrre elevatissime potenze in un arco di movimento estremamente limitato.

Proprio per queste sue peculiarità che lo rendono difficile da percepire ed eseguire, il pattern di trazione rappresenta il fattore che fa davvero la differenza tra atleti d’elite e corridori di livello inferiore, sia nella velocità pura, che nelle prove di endurance.

Quest’azione consiste in una estensione dell’anca, assistita da una minima flessione del ginocchio, che inizia con un precaricamento appena precedente ai primi istanti dell’appoggio a terra: il piede scende verso il suolo dall’alto in basso, ma anche con un movimento dall’avanti-indietro. Non appena il piede si vincola al terreno sotto il peso del corpo, l’arto inferiore diventa una sorta di catapulta che porta tutto il baricentro ad avanzare sopra e poi oltre il punto d’appoggio.



È molto facile visualizzare questo meccanismo vedendo correre un felino, ad esempio il ghepardo: porta le zampe in avanti durante la fase d’oscillazione e le appoggia con una forte azione di trazione che proietta tutto il corpo nella direzione d’avanzamento.

Come avviene in tutti i mammiferi che sanno correre veloce, questo schema di movimento è fondamentale per gli sprinter proprio per accelerare e per mantenere la velocità massima.

Se non ci fosse questa azione di trazione, infatti, il piede impatterebbe a terra alla velocità a cui corre l’atleta, determinando un’enorme componente frenante.

Non a caso questo tipo di accelerazione espressa a terra all’appoggio in direzione antero-posteriore è stato dimostrato essere un fattore che contraddistingue i velocisti d’elite.

I velocisti moderni enfatizzano moltissimo questo meccanismo e hanno messo a punto tecniche di potenziamento efficaci per migliorare proprio in questa direzione, ma l’azione di trazione si può apprezzare bene anche in quegli atleti abili ad accelerare in spazi ristretti come giocatori di football americano e calciatori.


I muscoli maggiormente impegnati in questo meccanismo, che svolgono un ruolo critico sono i muscoli estensori dell’anca: gluteo, ischio-crurali e grande adduttore, coadiuvati sempre dai muscoli stabilizzatori del tronco e del bacino, sia addominali che dorsali.


Se non siete convinti che la trazione abbia un ruolo fondamentale nella corsa a velocità elevate? Basta pensare a come ci si muove per accelerare uno skateboard o un monopattino: una volta che ha preso velocità, non ha senso cercare di spingerlo con un movimento del piede indietro perché il suolo ci scapperà praticamente da sotto il piede; si deve invece, tirare sfruttando un precaricamento che inizia anteriormente al punto di appoggio a terra.

Dal punto di vista propriocettivo, quindi, per sfruttare al meglio il meccanismo di trazione è importante avere la corretta percezione di dove appoggia il nostro piede rispetto al ginocchio e al resto del corpo che sta avanzando. Nella fase di accelerazione dello sprint, l’appoggio del piede deve avvenire leggermente avanti al baricentro con un angolo della tibia più chiuso possibile rispetto al suolo. Nella fase lanciata, invece, quando l’atleta ha raggiunto la posizione eretta, l'appoggio deve avvenire esattamente sotto il ginocchio appena avanti alla linea del baricentro, ma con un’accelerazione in direzione posteriore già molto elevata. Anche durante questa fase il tronco deve sempre rimanere bene verticale, senza rotazioni indotte dall’impatto del piede a terra.


Affinché il movimento dell’arto inferiore si realizzi senza rotazioni o deviazioni sul piano frontale è fondamentale il ruolo dei rotatori dell’anca, gruppo muscolare che insieme agli adduttori è tra i più spesso trascurati nella preparazione fisica degli sprinter.

A livello di estensibilità e mobilità, invece, non ci sono articolazioni che si trovano a lavorare ad angoli critici in questa fase anche se è richiesta un’ottima elasticità dei muscoli ischio-crurali per non disallineare troppo in retroversione il bacino durante la trazione e sfruttare al meglio le loro caratteristiche elastiche.

E per quanto riguarda la corsa di endurance? La trazione è un pattern di movimento fondamentale per correre a velocità elevate anche nell’endurance. L’esperienza ci dice che fino al ritmo di 5’-4.30” al km (a seconda anche delle caratteristiche antropometriche e dal peso dell’atleta) è possibile fare a meno della trazione, ma è assolutamente impossibile correre a 20kmh solo sfruttando sbilanciamento e qualità elastiche dell’arto inferiore.

I runner d’elite hanno mostrato anche loro di esprimere velocità orizzontali del piede all’appoggio significative, in modo molto simile a quello che fanno i velocisti, ma ovviamente con angoli e potenze decisamente ridotti.



Come fare per allenare e ottimizzare questo pattern?

Innanzitutto è importantissimo allenare nel modo corretto i muscoli estensori dell’anca e gli ischiocrurali. L’affondo posteriore con una pattina e l’esercizio del ponte a leva lunga sono sicuramente due delle migliori strategie di rinforzo da utilizzare.

Dal punto di vista delle andature, la corsa circolare, i dribble e tutte quelle esercitazioni tecniche che enfatizzano il movimento antero-posteriore del piede a terra possono essere utili.

Inoltre, anche la recente diffusione dei treadmill a trascinamento ci può servire a capire come allenare questo meccanismo così importante per la performance.

Dal punto di vista del movimento, quindi, gli sprinter e in generale anche i mezzofondisti devono essere educati al fatto che corsa e spinta sono un’associazione scorretta quando si parla di efficienza nella corsa. Gli allenatori dovrebbero rinforzare molto di più l’idea che si deve “tirare la pista”, perché solo questo pattern permette di applicare alte potenze orizzontali a terra proprio nel momento in cui il baricentro del corpo è sopra il punto di applicazione della forza.

Bibliografia

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