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L'avanzamento del baricentro oltre la base d'appoggio: un approfondimento

Aggiornamento: 7 dic 2020


Questo articolo ha lo scopo di chiarire meglio il funzionamento del meccanismo di sbilanciamento del baricentro oltre la base d’appoggio per l’avanzamento.

Nella corsa, dal momento in cui il tronco si trova esattamente sopra la piede e fino al distacco delle dita, il corpo può essere considerato come un pendolo invertito con fulcro nella caviglia che si sbilancia in avanti.

Come sottolineato dai concetti Pose-running e Chi-running, il corridore in questa fase può sfruttare al meglio la forza gravitazionale per avanzare, assecondando con la propria azione l’inerzia del baricentro che avanza.

Si può avere un’esatta percezione di cosa accade con questo semplice esercizio: state in equilibrio su una gamba sola e immaginate che il corpo sia un pendolo, sbilanciatevi in avanti e ad un certo punto sarete obbligati ad appoggiare l’altro piede per non cadere, ma lo avrete sicuramente fatto in un punto più avanzato rispetto a quello d'appoggio. Dal punto di vista della spinta muscolare non avete fatto quasi nulla, avete solo lasciato che la forza di gravità lavorasse per voi e questo ha spostato il vostro centro di massa più avanti e un po’ più in basso.

In questa fase della corsa si verifica quello che viene chiamato il “paradosso dell’estensione”: l’anca e il ginocchio, infatti, si estendono e ad un certo punto il tallone inizia a staccarsi da terra; si potrebbe quindi pensare che l’atleta stia spingendo attivamente contro il terreno, ma non è assolutamente così. Semplicemente il baricentro si sta spostando in avanti, quindi il peso del corpo non si trova più sopra il piede e l’energia elastica immagazzinata negli estensori viene rilasciata: questi due fattori sono sufficienti a produrre la triplice estensione che vediamo in questa fase del passo.



L’azione di sbilanciamento influenza quindi anche i tempi di contatto a terra? Assolutamente sì! Se il baricentro non avanza velocemente, sarà impossibile staccare il piede da terra o comunque avremo una direzionalità della fase di volo troppo verticale, invece che diretta verso l’avanti.

Come spiegato da Moore, i corridori di endurance più efficienti, mostrano un ginocchio meno esteso e una caviglia più dorsiflessa al distacco delle dita, segno che non stanno spingendo contro il terreno, ma lavorando in modo predominante con l’estensione dell’anca.

Proprio l’estensione dell’anca è la vera chiave della performance in questo meccanismo d’avanzamento. È possibile sbilanciarsi in modo efficace solo se si ha a disposizione una mobilità ottimale in questa direzione.

Se i flessori dell’anca sono accorciati è un grosso problema per l’ottimizzazione del gesto della corsa.

Dal punto di vista dell’attivazione muscolare, i glutei sono i principali effettori attivi dello sbilanciamento, insieme ai muscoli estensori della colonna che provvedono al mantenimento della verticale nel tronco. Quest’ultimo, infatti, dovrebbe essere inclinato di soli 5° in avanti: si tratta di un’inclinazione quasi non visibile ad occhio nudo e quindi l’effetto che si dovrebbe avere guardando un atleta che corre, sia sprinter che fondista, è quella che il tronco sia quasi perfettamente verticale.

È inoltre importante sottolineare che per sfruttare il meccanismo dello sbilanciamento al meglio, l’equilibrio gioca un ruolo fondamentale. Avere la sensibilità di gestire l’avanzamento nella direzione corretta a velocità elevate è una qualità che viene spesso sottovalutata per un corridore.

Se ci sono dispersioni laterali o la percezione di non essere nel giusto assetto in questa fase, i muscoli tenderanno a cocontrarsi o ad attivarsi di più del dovuto limitando la fluidità e lo sfruttamento dell’inerzia.


Il meccanismo dello sbilanciamento ha un costo energetico davvero limitato, perché sfrutta il movimento delle masse del corpo e l’inerzia. È quindi una delle chiavi per migliorare l’economia di corsa nei corridori di endurance e maggiore la velocità di corsa, maggiore è la possibilità di produrre avanzamento con questo meccanismo, a patto di avere le giuste qualità di elasticità, mobilità ed equilibrio ricordate precedentemente.

E nella velocità? Ovviamente questo tipo di meccanismo non ha alcun ruolo nella fase di accelerazione, ma può essere un determinante secondario nella fase lanciata della velocità breve mentre ha una rilevanza sicuramente maggiore per le performance di resistenza alla velocità. Lo sprinter deve essere sensibilizzato all’importanza di sviluppare una corretta postura del tronco, di acquisire la giusta mobilità in estensione dell’anca e di percepire lo sbilanciamento per sfruttare l’inerzia e favorire la decontrazione nella seconda parte dell’appoggio.


Bibliografia


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of Modifiable Biomechanical Factors Affecting Running Economy, Sports Med, 2016

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